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Per festeggiare, nel 1991, da parte dei comuni limitrofi il centenario dell’erezione della Croce alla vetta
del MUSINE’ che spaziava su tutta la pianura torinese, gli alpini e la comunità locale mi invitarono a
progettare l’intervento di recupero strutturale del Monumento.
Sarebbe stato semplice se il cantiere fosse stato a terra in pianura ma la croce era posta ai mille metri della
sommità del monte ed accessibile solo con elicottero o con una-due ore di percorso a piedi su un sentiero per capre.
Dopo il primo sopralluogo studiai l’intervento nei minimi particolari, al fine di “edificare” il minimo
indispensabile quale camicia di contenimento in conglomerato cementizio armato ad un basamento di pietra squarciato
da più fulmini, per un’opera da eseguirsi tutta a mano e senza l’ausilio di mezzi meccanici.
Gli Alpini la fecero da padroni, organizzando e pianificando tutto il cantiere sia a terra che in quota, coadiuvati
nel lavoro vero e proprio dai migliori imprenditori e carpentieri della zona, tutti “martelli d’oro” visto il risultato
finale che pochi avrebbero dato per scontato.
Venne scavata a mano e gettata una sotto fondazione perimetrale quale piano di spicco per la fondazione armata vera
e propria cerchiante tutto il basamento di 4,5x4,5 metri per 5 di altezza.
Sopra a questa fu posta la gabbia vera e propria rastremata dopo il primo scalino a contornare le pareti crepate e poi
a risvoltare fino all’innesto del fusto della croce, con uno sporto di gronda della parte inclinata a proteggere la base.
I piani inclinati e concavi vennero “spianati” eliminandosi gli ornati a timpano.
I casseri in tavole di legno nuovo vennero tutti mantenuti in posizione da un ponteggio tubolare a contrasto
particolarmente rigido che acconsentì a dei getti effettuati da carriola che caricava il cls da una tramoggia
a sua volta riempita dall’elicottero che faceva su e giù in continuazione dal betoncar al campo base in
quattro-cinque minuti tra andata e ritorno.
Le maestranze salivano al mattino presto, lavoravano tutto il giorno in quelle condizioni e scendevano sempre
a piedi alla sera, questo per un tempo interminabile.
Io ebbi l’onore, e la fortuna, di progettare il recupero di un monumento in pietra adeguandovi la mia esperienza
di allora che consisteva nel ricostruire le fondazioni degradate, in conglomerato cementizio armato, dei grandi
magli e delle presse in una fabbrica, vedi la combinazione, proprio adiacente il campo base a Caselette.
Disegnai poco, studiai molto, suddivisi ogni fornitura in funzione del peso massimo elevabile dall’elicottero della Air Green.
Tutto il lavoro lo fecero però gli Alpini ed i Maestri Carpentieri dei paesi limitrofi accorsi in gran numero,
e con grandi esperienze, per un’opera che a distanza di venti anni si presenta perfettamente, come se fosse
appena stata scasserata oggi.
Grazie a tutti coloro che hanno partecipato ed a quelli che allora credettero nelle mie giovani capacità ed anche
a quelli che oggi hanno inserito quest’Opera per i festeggiamenti del 150° anniversario dell’Unità d’Italia quale
espressione della coesione e della forza di volontà degli Alpini e delle Maestranze imprenditoriali edili locali.
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